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Dove sentirete la storia di questo sciopero raccontata dalla mia voce e da quella di altre persone: bambini e adulti che frequentano il quartiere, esperti di storia e altri testimoni.

(a cura di Tiresiamedia)

Le storie

1 ottobre 1941, a Forlì. 

Sciopero per il pane. 

Uno dei primi scioperi di tutto il territorio, nessuno l’aveva ancora fatto, nessuno sapeva come sarebbe andata a finire.

Il pane era stato inserito tra i beni acquistabili solo tramite la tessera annonaria: solo una famiglia in cui qualcuno lavorava poteva comprarlo e solo nei giorni e nelle quantità indicate dalla tessera.

A quei tempi il pane era preparato con farine miste ed era più pesante di quello di aria che fanno oggi. Una pagnotta da 150 grammi era praticamente l’equivalente di una merendina che diamo dietro a un bambino oggi a scuola con la differenza che ci doveva mangiare un’intera famiglia.

Tessera Annonaria. Fonte: Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì Cesena.

In fabbrica erano già attive le regole che vietavano assembramenti e nello spogliatoio della fabbrica potevano entrare solo tre donne alla volta.

Eppure proprio qui nello spogliatoio le operaie si confrontarono e decisero di scioperare. 

Nessuno aveva convocato l’agitazione, semplicemente ognuna di loro si era confrontata con altre due operaie e avevano deciso di rischiare senza sapere assolutamente quale sarebbe stata la reazione. Ognuna di loro sapeva che altre due probabilmente ci sarebbero state ma non avevano altre certezze sulle adesioni.

Quella mattina scioperarono praticamente tutte, si unirono anche le altre fabbriche e per una giornata la città fu conquistata dagli scioperanti.

Fonte: Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì Cesena.

“Fu una cosa che fece molto scalpore perché fare sciopero la gente non sapeva neanche cosa fosse, nessuno immaginava che la gente potesse fare una cosa del genere… Venne la questura e mise dentro tre donne, la Lotti, Teresa Valmori e Nardi Maria” (da una testimonianza di Ezio Gelosi, operaio della Battistini, raccolta da Maria Valdinosi il 15/7/1984).

Anche Silvana Vignutelli fu arrestata e trattenuta in carcere per nove giorni e, poi, fu sospesa dal lavoro per diversi mesi, perdendo tra l’altro il suo posto di lavoro alla Battistini.

Silvana racconta che insieme alle altre donne che lavoravano con lei organizzò lo sciopero. In quell’occasione le si avvicinò un fascista che si chiamava Paolo e voleva picchiarla ma lei, con l’aiuto di altri due giovani, si difese in ogni modo, però fu arrestata. (dalle testimonianze raccolte nel libro Sebben che siamo donne a cura di Grazia Cattabriga e Rosalba Navarra e Le ribelli di via della Ripa a cura di Gianfranco Miro Gori. Anno 2021)

Da questo momento in poi le persone capirono che era possibile reagire, cominciarono a organizzarsi e nacquero anche le stampe clandestine.

Sappiamo poco delle figure femminili che come la Lotti, Teresa Valmori, Maria Nardi e Silvana Vignutelli furono in prima linea perché anche nella storia della Resistenza sono molto più presenti e ricordati gli uomini.

Eppure questo gesto, questo sciopero, come quello della Ripa di qualche anno dopo, sono nati proprio da un gruppo di donne e sono state due azioni fondamentali senza le quali, forse, tutte le altre non sarebbero venute.

Fonte: Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Forlì Cesena.

Nel dipinto questa storia è narrata riportando una copia quasi integrale della comunicazione della Prefettura relativa all’inserimento del pane nelle tessere annonarie a sinistra e una copia anche questa quasi integrale del manifesto della prefettura che poco tempo dopo data la grande proliferazione di ratti in città dichiara penalmente perseguibile chi si mangia i gatti.

Cosa, quest’ultima, diventata molto comune dal momento che la gente non aveva niente da mangiare per via del razionamento alimentare agito sulla popolazione per garantire rifornimenti alle truppe occupanti.

Credits Filippo Venturi

Nell’armadio

Varie testimonianze sulla storia della Fabbrica Battistini, il libro Calzaturificio Trento Fratelli Battistini a cura di Annalisa Battistini anno 2018, una copia originale del 1976 della rivista “Effe” intitolata Io sono mia, due foto di operaie, libri di storia Aperti, affinché non si ripetano eventi e episodi bui.

Curiosità

Mentre mi trovo a dipingere su questo muro mi arrivano continuamente voci dalla Piazzetta delle Operaie poco distante. Siamo in piena pandemia, la città è molto silenziosa e sparse nella Piazzetta ci sono delle sedie su cui un folto gruppo di migranti si confrontano chiedendosi come fare a comunicare il disagio che stanno vivendo.

C’è la sanatoria in corso e si sono creati problemi non da poco nella sua evoluzione per cui le persone direttamente o indirettamente coinvolte si confrontano per cercare soluzioni e per capire quale può essere il modo migliore per manifestare la loro difficoltà e a chi manifestarla.

Credits Filippo Venturi

“Secondo me dobbiamo rivolgerci alla Questura, dobbiamo capire come si fa normalmente a Forlì per queste cose, per me il problema è riuscire ad aprire un dialogo con la Prefettura, la cosa migliore è essere lì davanti e farci sentire, no forse bisogna scrivere ai giornali… io penso che…”

Non si trattava di tessera annonaria e di pane ma comunque di quotidiano, di problemi concreti, problemi in grado di sconvolgere il cammino delle persone e devo dire che quello che si percepiva sentendo queste voci era proprio un incredibile aria da spogliatoio.

Io sono Marcello Di Camillo, un artista di fame locale, ho fatto un pò di ricerca sulle storie di ieri e di oggi che gravitano attorno all’ex fabbrica Battistini e tanti cittadini mi hanno inviato loro spunti e idee mettendomele fisicamente dentro ad un armadio, da tutte queste cose sono nati poi i dipinti che ho realizzato sui muri dell’edificio, le storie che puoi leggere qui sotto e che puoi ascoltare nelle tracce audio.