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Dove sentirete la storia di una fiumana di coraggio, delicatezza e determinazione.

(a cura di Tiresiamedia)

Le storie

Siamo nel 1944. Mussolini chiama alle armi anche le classi più giovani, prima gli chiede di farlo volontariamente, ma non basta, e quindi decide che per i renitenti alla leva c’è la condanna a morte.

A Forlì vengono arrestati quindici ragazzi renitenti alla leva, cinque vengono fucilati il 24 marzo nella caserma della Ripa.

Ragazzi giovani che sparano a ragazzi giovani, la fucilazione è affidata a un plotone di soldati coetanei dei condannati.

Secondo quanto raccontato dal forlivese Antonio Mambelli, erano riluttanti a eseguire la strage, tanto che un soldato che si era rifiutato di sparare venne minacciato con la rivoltella da un generale presente all’esecuzione. Per impedire un’eventuale sommossa presenziano anche un plotone di militi fascisti e uno di tedeschi.

I ragazzi sparano basso, non trovano la forza per farlo, si trovano a dover sparare una seconda volta.

È una scena straziante che risuona nelle vie della città, la quale si raccoglie attorno alla caserma indignata. 

Dino e Tonino Degli Esposti, Massimo Fantini, Agostino Lotti e Giovanni Valgiusti sono morti così. È il primo evento cruento e violento a Forlì in quegli anni.

Credits Filippo Venturi

Il 27 devono essere fucilati gli altri dieci. La voce arriva nelle fabbriche, giunge anche nello spogliatoio della Fabbrica Battistini dove la reazione è immediata.

Quella mattina entrano tutti al lavoro facendo finta che sia una giornata come un’altra ma alle 10 al suono della sirena antiaerea le operaie escono in massa dal luogo di lavoro, così accade anche nelle altre fabbriche, si crea un corteo al quale si uniscono le donne della città, delle campagne, molte anche con i figli in braccio, avanzano per le vie della città decise a fermare tutto.

Sono, secondo le testimonianze, circa seimila, quasi tutte donne, decise a salvare le vite in pericolo e a mostrare la loro totale ostilità al fascismo e alla guerra.

Vengono sparati dei colpi per fermarle, alcune donne rimangono ferite ma non si fermano, anzi, sale la loro indignazione e le autorità militari si trovano costrette a ricevere una delegazione che riesce ad ottenere dal presidente del tribunale l’impegno a commutare la pena di morte in anni di detenzione previo consenso della Prefettura.

Il corteo si ricompatta e raggiunge subito la Prefettura continuando a crescere nel numero dei manifestanti. Qui un funzionario comunicherà che la pena di morte è stata ufficialmente commutata in condanne da 5 a 16 anni di reclusione.

È la vittoria, si sono salvate dieci vite, la fiumana di donne, di coraggio, di amore per la vita, ha ottenuto un risultato incredibile che darà grande spinta alla nascita della resistenza e verrà ricordato in tutta Italia nella stampa clandestina scrivendo “fate come le donne di Forlì”.

Credits Filippo Venturi

Frattempo, alle 14, aerei germanici lanciano volantini sulla città ingiungendo agli operai di un’immediata ripresa del lavoro.

La risposta è sì, torniamo al lavoro, ma quando lo decidiamo noi. E così fu.

Lo sciopero prosegue anche il giorno dopo. Le scioperanti si recano al cimitero a commemorare i cinque ragazzi fucilati il 24 marzo. “Ricordate questa grande vittoria di popolo, senza un solo sparo” dice Liliana Vasumini e con lei le donne protagoniste di quelle giornate fra cui le operaie della Battistini.

Il 29 marzo rientrano poi compatte in fabbrica, è una dimostrazione imponente di forza.

Credits Filippo Venturi

Nell’armadio

Il libro Calzaturificio Trento Fratelli Battistini a cura di Annalisa Battistini anno 2018, il libro Sebben che siamo donne… raccolta di testimonianze a cura di Grazia Cattabriga e Rosalba Navarra e Le ribelli della Ripa a cura di Gianfranco Miro Gori anno 2021, testimonianze di Daniela Ciani, nipote della storica operaia della Battistini Teresa Valmori e di Miro Flamigni, dell’Istituto Storico della Resistenza.

Ho incontrato poi Daniela Ciani, nipote di Teresa Valmori, una delle storiche operaie della Battistini in prima linea nell’organizzazione degli scioperi come poi nella resistenza locale.

Daniela dice di avere chiesto poi un giorno a sua nonna, “Ma eravate disarmate, non avevate paura?” e Teresa ha risposto “E di cosa dovevamo aver paura, eravamo in tante e poi non si poteva fare altrimenti, era da fare”.

I bambini che hanno visitato questo dipinto con me sono rimasti colpiti dal gioco di dimensioni nel murale che porta una bambina enorme a prendersi cura degli adulti e si sono chiesti se loro avrebbero oggi lo stesso coraggio.

Hanno notato anche, sempre i bambini, che le teste dei “fucilatori” sono reclinate mentre chi aspetta la morte è a testa alta forse perché, hanno pensato, è più difficile uccidere che essere uccisi.

Il giorno in cui furono fucilati i primi cinque renitenti alla leva il custode del cimitero non accettò di seppellirli senza bara e le pompe funebri Scardovi di via Ravegnana fecero cinque casse.

Da allora fino ad oggi in questa agenzia di pompe funebri questa storia è raccontata ed esposta perchè nessuno se la dimentichi.

Quando ho raccontato questa storia a Keita, un uomo del Mali, mi ha detto “È quello che succede adesso nei villaggi da noi, gli jihadisti vengono nelle case a cercare giovani da reclutare e se non ci stai vieni ucciso sul posto”.

Miro Flamigni dell’istituto storico della resistenza parlandomi della Battistini mi dice che lo sciopero del pane e quello della ripa sono legati a questo luogo e sono stati due importantissimi passaggi della storia locale, entrambi nati in maniera spontanea negli spogliatoi delle fabbriche e dalle operaie.

Lo sciopero del pane è stato il primo sciopero del territorio ed ha permesso alla gente di capire che si poteva fare qualcosa simile, che si poteva dire di no. Lo sciopero della Ripa è stato il primo sciopero politico, uno sciopero che riuscì a salvare delle vite e fu una grossa spinta nel pensare che si poteva costruire qualcosa di diverso, che si poteva cambiare il percorso delle cose.

Io sono Marcello Di Camillo, un artista di fame locale, ho fatto un pò di ricerca sulle storie di ieri e di oggi che gravitano attorno all’ex fabbrica Battistini e tanti cittadini mi hanno inviato loro spunti e idee mettendomele fisicamente dentro ad un armadio, da tutte queste cose sono nati poi i dipinti che ho realizzato sui muri dell’edificio, le storie che puoi leggere qui sotto e che puoi ascoltare nelle tracce audio.